Grandi personaggi
Enrico Forlanini (1848-1930)

Ritratto di Enrico Forlanini Enrico Forlanini nacque a Milano il 13 dicembre 1848. Il padre Francesco era un noto medico, primario dell'Ospedale Fatebenefratelli (il fratello maggiore di Enrico fu a sua volta medico pneumologo di notevole fama, due volte candidato al premio Nobel ed a lui sono dedicati molti ospedali).
Nella famiglia Forlanini era molto viva l'attenzione per la scienza e la tecnica e fu in questo clima così come al Politecnico di Milano che si formò il giovane Enrico. Non si hanno molte notizie sui suoi primi anni di studi, ma è certo che dopo le elementari frequentò per quattro anni una delle tre Regie Scuole Tecniche che esistevano a Milano. Nel 1862 entrò al Collegio Militare di Milano dove si distinse nelle materie scientifiche. Anche se la vita militare non faceva per lui nel 1866 si iscrisse all'Accademia Militare di Torino dove divenne sottotenente del Genio per poi passare, due anni dopo, alla Scuola d'Applicazione di Artiglieria e Genio, sempre a Torino. Raggiunto nel 1870 il grado di tenente fu assegnato al reggimento di stanza a Casale Monferrato dove poté condurre studi ed esperimenti sulle eliche e dove nel 1872 realizzò una specie di piccolo elicottero che riuscì a compiere un breve volo.

Enrico Forlanini nel 1875 a 27 anni Dopo essersi messo in aspettativa dall'Esercito Forlanini tornò a Milano per iscriversi al Regio Istituto Tecnico Superiore (predecessore dell'attuale Politecnico) dove divenne allievo di Giuseppe Colombo e dove si laureò nel 1875 in Ingegneria Industriale. Nel 1877 realizzò un modello di "elicottero" azionato da un leggero e potente motore a vapore appositamente studiato, che riuscì a compiere con successo alcuni brevi voli dimostrativi. Forlanini continuò i suoi studi progettando tra l'altro un altro elicottero spinto da getti di vapore fuoriuscenti dalle estremità delle pale e modelli di aeroplani spinti da razzi a polvere pirica. Nel frattempo lasciò definitivamente l'Esercito trovando impiego presso uno stabilimento meccanico a Forlì dove introdusse vari macchinari innovativi e del quale fu direttore tecnico per molti anni fino a diventarne proprietario nel 1895. A Forlì trovò anche moglie sposandosi nel 1878 con Angiolina Turchi, maestra elementare. Dopo aver trasferito, nel 1897, la sua attività industriale a Crescenzago, nella periferia milanese, Forlanini continuò a dedicarsi agli studi ed ai progetti di aeronautica in una città dove l'interesse dell'ambiente tecnico-scientifico per questa materia rimaneva elevato. In questo clima favorevole proseguì gli studi e le ricerche nel campo del volo "più leggero dell'aria", dedicandosi a risolvere il problema di come rendere facilmente governabili gli aerostati, ovvero come realizzare dei "dirigibili" che fossero davvero tali.

L'idea di rendere direzionabile il volo di un pallone aerostatico era stata avanzata già pochi anni dopo il volo dei fratelli Montgolfier ma bisognò attendere la fine del XIX secolo per avere a disposizione motori adatti allo scopo. In Italia Forlanini non fu il primo in assoluto a realizzare dirigibili: era stato preceduto nel 1905 dal conte Almerico da Schio e nel 1908 da Arturo Crocco. In realtà avrebbe potuto essere il primo come egli stesso scrisse: "Il dirigibile di Crescenzago sarebbe stato fatto assai prima se io avessi avuto i mezzi necessari. La sua costruzione fu decisa nel luglio del 1900 e fu cominciato nel 1901 con la validissima cooperazione del mio amico il Capitano Cesare Dal Fabbro. Io speravo allora che saremmo riusciti a finire i lavori in un paio d'anni, nel qual caso il dirigibile di Crescenzago sarebbe uscito prima del Zeppelin e del Lebaudy".

Il dirigibile F1 di Enrico Forlanini Comunque la macchina realizzata nel 1909 si dimostrò particolarmente ben riuscita. Si trattava di un dirigibile del tipo semirigido (nel quale, cioè, solo la lunga chiglia inferiore era costituita da una trave rigida di alluminio) lungo circa 40 m ed era dotato di un motore da 40 CV. Battezzato F1 fu pilotato personalmente da Forlanini, insieme al collaboratore e amico Cesare Dal Fabbro, in numerosi voli nel cielo di Milano destando un tale entusiasmo che fu lanciata una sottoscrizione grazie alla quale Forlanini poté costruire una nuova macchina, più grande a potente. Il modello F2 "Città di Milano" volò nell'agosto del 1913, era lungo 72 m e spinto da due motori Isotta Fraschini da 80 CV raggiungeva la notevole velocità (per l'epoca) di 70 km/h. Purtroppo nell'aprile del 1914 un violento temporale lo fece precipitare vicino a Cantù danneggiandolo seriamente. La macchina andò poi completamente distrutta, durante le operazioni di recupero, a causa di un incendio. L'incidente non impedì a Forlanini di progettare e costruire altri quattro modelli di dirigibili semirigidi che furono impiegati nel corso della Prima Guerra Mondiale con l'Esercito e la Marina. Dopo la guerra Forlanini tentò quindi di lanciare anche in Italia l'utilizzo dei dirigibili per voli commerciali. Ad una prima dimostrazione di trasporto passeggeri sulla rotta Milano-Venezia, effettuata nel giugno del 1919 con il modello F6, fecero poi seguito i tentativi di stabilire regolari voli di linea sulle rotte Roma-Napoli e Roma-Pisa-Milano, che però non ebbero il successo sperato e furono interrotti in breve tempo.

Un'immagine della poppa del dirigibile Omnia Dir Forlanini continuò gli studi e le sperimentazioni sui dirigibili fino alla sua morte avvenuta nel 1930. L'anno successivo poté volare il modello "Omnia Dir", dotato di una serie di "valvole a reazione", poste sia a poppa sia a prua, che emettendo getti d'aria compressa rendevano più agevolando la manovra a terra del dirigibile, operazione che da sempre costituisce uno degli aspetti più critici del loro impiego. L'idea delle valvole direzionali allora non ebbe seguito, anche perché si profilava ormai la crisi di queste macchine volanti che divenne definitiva dopo la tragedia dell"Hindemburg" nel 1937. E' interessante notare, però, che un sistema analogo ha trovato applicazione sulle navicelle spaziali delle missioni lunari Apollo a dimostrazione del valore di quell'idea. Forlanini, nel corso della sua vita, non si occupò però solo di macchine volanti: maggiore fortuna dei dirigibili ebbe quello che lui aveva chiamato "idrovolante" o "idrottero" e che noi oggi conosciamo come "aliscafo".

Enrico Forlanini si affaccia dalla cabina di pilotaggio del suo dirigibile F2 Oggi a Enrico Forlanini è dedicato l'aeroporto di Milano-Linate ed il lungo viale che collega l'aerostazione alla città. E questo è certamente il modo più appropriato per ricordare chi già nel 1877, come ricordano le parole incise in una targa commemorativa visibile nell'atrio del Politecnico di Milano, ebbe a dire: "La macchina volante, a conti fatti, in un avvenire non lontanissimo farà forse una seria concorrenza alla ferrovia per quanto riguarda il servizio celere viaggiatori e per le poste".


Notizie e foto sono tratte dal testo di Gian Luca Lapini pubblicato su www.storiadimilano.it


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